Olio su tavola, cm 30×21,7.
Al verso: a matita, autografo «Giovanni Augusto Tirinnanzi / fece nell’anno 1936».
Provenienza: raccolta privata, Firenze.
Esposizioni: Nino Tirinnanzi. Tante vite e infine una, a cura di G. Faccenda, Palazzo Sacrati Strozzi, Firenze, 21 dicembre 2022-21 gennaio 2023, riprodotto in cat. p. 17, n. 1.
Mario Luzi nel catalogo del 1955, cit.: «Chi abbia anche solo un po’ bazzicato i circoli artistici fiorentini sa bene che il «tipetto» di Nino Tirinnanzi ne è un ingrediente inevitabile come il granello di pepe sulla bistecca. Sceso dal Chianti, accompagnato dalle fiere e amorevoli ammonizioni di Giuliotti fin sulla soglia di Rosai, il ragazzino di Greve la lezione non se la fece dire due volte e col suo fare misto di ossequio e di ribalderia non passò molto tempo che si fece conoscere per un piccolo monstre. Convivevano curiosamente in lui il «grand’homme» e il bambino; anche la sua pittura riteneva alcunché di puerile nel fragile impianto di suggestione fedelmente rosaiana, ma un saputissimo [sic] fare, una smaccata bravura che andava subito a cercare gli effetti, un puntiglio nella preziosità lasciavano in dubbio l’osservatore tra un reale talento e una piacevole impostura.» Carlo Bo nel catalogo del 1986, cit.: «Conosco Nino Tirinnanzi da moltissimi anni, l’ho conosciuto bambino nella sua casa di Greve. Mi capitava allora di andare spesso in compagnia di Roberto Wis, vecchio amico dei tempi del Frontespizio, a trovare Domenico Giuliotti.
[…] Poi con gli anni, con la partenza di Wis per la Finlandia questi incontri finirono e soltanto nel tempo di guerra rividi a Firenze Nino che già stava a bottega da Rosai. Tutte queste notizie in apparenza divaganti mi sembrano necessarie per stabilire i termini di un’amicizia che ha passato il mezzo secolo e che è stata arricchita dall’ammirazione e dal consenso.»