9.

Paese

1954

Olio su tavola, cm 105×60,5.
In basso a destra: N. Tirinnanzi 954.
Al verso: etichetta rettangolare recante «[a stampa, di colore nero, tutto maiuscolo] Associazione Turistica Pratese / Mostra di cinquanta [sic] maestri del prossimo trentennio [in grassetto] / Prato / settembre-ottobre 1955 / [a inchiostro, di colore nero, autografo] Nino Tirinnanzi / Lung
no Guicciardini 19 Firenze / Paese 1954 / di proprietà»; etichetta recante a stampa [tutto maiuscolo] «VI Mostra Nazionale Premio del Fiorino», ivi cassati a inchiostro [di colore nero] l’indicazione dell’autore, del titolo dell’opera e il suo prezzo di vendita.
Provenienza: raccolta E. Vallecchi, Firenze; raccolta privata, Firenze.

Esposizioni: Mostra di sessanta maestri del prossimo trentennio, testo di C.L. Ragghianti, Associazione Turistica Pratese, Salone di Apollo, Prato, settembre-ottobre 1955, in cat. p. 100, n. 230 [data (1955) e misura altezza (cm 102) errate].

Bibliografia: [catalogo della mostra] Nino Tirinnanzi. Tante vite e infine una, a cura di G. Faccenda, Palazzo Sacrati Strozzi, Firenze, 21 dicembre 2022-21 gennaio 2023, riprodotto p. 9.

Carlo Emilio Gadda nel catalogo del 1949, cit.: «Vi son pittori incapaci, o insofferenti, di raffigurare altro paese che il proprio. Ciò mostra quanta parte di un’anima, di un’attitudine, e però di un modo e di una possibilità di lavoro, allorché si consideri ogni cosa, discenda in tela da una fonte esterna ai confini della personalità». La personalità reagisce «a quel» clima: a una situazione d’equilibrio, fisico e storico: ad altro clima non reagisce neppure. Il clima, dunque, è attore, almeno in certa misura, nell’opera: la personalità dell’artista lo ha collaboratore a dispetto, magari: o in altri casi vi sguazza: comunque vi si riferisce: o per accettazione e per simbiosi: o per estromissione e per guerra.

La ricerca di Tirinnanzi sembra oscillare tra questi due opposti momenti, tra questi due poli egualmente crudeli della consapevolezza critica. Egli sembra concepire il suo itinerario sotto specie di un doveroso (quand’anche rispettoso), di un laborioso distacco dalle arche gentilizie del tosco tempio: del «nostro tempio» dantesco: strada e strada per l’angoscia dell’evaso. D’altronde i fantasmi tematici vaporati fuori dal tempio, o da un intorno del medesimo, – dal genio della sua gente, da quello della sua terra fra l’Arno e la Greve – sono immanenti al lavoro.»