Olio su faesite, cm 65×80,2.
In basso a sinistra: Tirinnanzi 1962-67.
Al verso: etichetta [raccolta G. Giuliani, Firenze] recante a inchiostro «Nino Tirinnanzi [tutto maiuscolo] / “Ragazzi di Tarquinia” 1962-67 / Olio su faesite, cm 80×65 / [Provenienza] Dall’Artista / [N.] 9/P – [Catalogo] Pananti 1969»; a matita rosa «11»; a inchiostro «II»; scritta bianca a stampa «[…; illeggibile] / Pressato» [riferimento del produttore del supporto].
Provenienza: raccolta G. Giuliani, Firenze; raccolta privata, Firenze.
Esposizioni: Nino Tirinnanzi, testo [in forma di lettera] di S. Giannelli, Galleria Pananti, Firenze, 8 marzo-4 aprile 1969, riprodotto in cat. [tav. 29]; Nino Tirinnanzi. Tante vite e infine una, a cura di G. Faccenda, Palazzo Sacrati Strozzi, Firenze, 21 dicembre 2022-21 gennaio 2023, riprodotto in cat. p. 67, n. 26.
Nel Catalogo Generale delle Opere, primo volume, del 2015, cit., pp. 10-11: «[Montale] aveva sensibilmente colto la remota oggettività che continuava invece a rimanere a molti sconosciuta dinanzi a paesaggi edenici come a gruppi di ragazzi riuniti per strada o sulle panchine. Gli era bastato valicare l’abituale lettura per scoprire un caleidoscopio di valori che appartenevano a un’umanità schietta come a un artista eminente. Così aveva avuto modo di comprendere, di Tirinnanzi, anche il più ricorrente degli assilli: la ricerca di un ambiente ideale che contenesse l’uomo o forse soltanto il suo archetipo, in un suggestivo teorema che aveva riguardato non soltanto de Chirico, ma anche Carrà e Morandi, per i quali territori di investigazione di un altrove mitico erano divenuti, nell’ordine, le colline fiesolane, l’entroterra versiliese e i dintorni di Grizzana, sull’appennino tosco-emiliano.
È con ragione, quindi, che qualcuno ha parlato, in questo senso, di una realtà metafisica del paesaggio, sottintendendo una dimensione da cogliere nel suo ambito più alto, ben oltre, dunque, il risalto di una natura che riesce appena a conservare la propria caratteristica geografica in quella che infine appare come una mirabile metamorfosi verso l’esemplare.»