Olio su tela, cm 50×69,8.
In basso a destra: Tirinnanzi 970. Provenienza: raccolta V. Pratolini, Roma.
Carlo Betocchi nel catalogo del 1971, cit.: «Figure, ed esistenze, che non si distinguono solo per il dono singolare del tempo, quanto e soprattutto per la libertà ricevuta di spenderlo a modo loro, ciascuno a modo suo, una libertà personalizzante che ne distingue vita e stagioni, inclinazioni e caratteri, e addirittura ogni istante della vita, ad istante ad istante diversa, singolarissima. Questo spettacolo – il teatro della vita – ciascun’arte lo rende a modo suo, ora fissandolo ora fluidificandolo, e allo stesso modo fa ogni tempo e perfino ogni momento dell’arte, ed infine ogni artista che non abbia altre bubbole per la testa: e cosi ha fatto, spontaneamente e per mestiere appreso, e continua a fare coscientemente il nostro Nino. Per il quale, da natura a natura, e cioè da paesaggio a figura umana, quand’egli si pone davanti al cavalletto, è sempre esistita ed esiste una marcata differenza, fondata su quel magico principio, su quel privilegio di singolarità della creatura umana che s’è appena detto. Una differenza che, sebbene se ne possa parlare anche a proposito di tant’altri pittori, tuttavia, per l’uomo Tirinnanzi cresciuto pittore fra due maestri dell’anima e dell’arte come Giuliotti e Rosai – e non c’è da dire che gli se ne possano riconoscere altri – s’esprime con un carattere assai personale, e di schietta ascendenza toscana.»