Tecnica mista su carta applicata su tela, cm 150×101. In basso a destra: Tirinnanzi 1974.
Al verso: sul telaio, a pennarello «3»; a matita, due segni simili ad asterischi.
Provenienza: eredi Tirinnanzi, Greve in Chianti [FI]; raccolta privata, Firenze.
Esposizioni: Nino Tirinnanzi, testo di E. Montale, Galleria Pananti, Firenze, novembre 1974, riprodotto in cat. tav. III [intero] e tre particolari; Tirinnanzi, testo di E. Montale [stesso del catalogo 1974, cit.], Galleria Il Pozzo, Prato, [marzo] 1977, riprodotto in cat. tav. II; Nino Tirinnanzi, testi di P. Pananti, E. Siciliano, E. Montale [stesso del catalogo 1974, cit.], Galleria Pananti, Firenze, 1997, riprodotto in cat. tav. III [intero] e tre particolari; Nino Tirinnanzi. Tante vite e infine una, a cura di G. Faccenda, Palazzo Sacrati Strozzi, Firenze, 21 dicembre 2022-21 gennaio 2023, riprodotto in cat. p. 91, n. 38.
Bibliografia: G. Faccenda, Catalogo Generale delle Opere di Nino Tirinnanzi, primo volume, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2015, riprodotto pp. 167, 265, n. 298.
Eugenio Montale nel catalogo del 1974, cit.: «Nei suoi lunghi soggiorni nel mondo arabo Tirinnanzi ha scrutato più i volti e quasi direi le anime che le pieghe dei burnus e dei mantelli. Le opere che sono nate da questo incontro formano una suite che io ho visto restando colpito dal loro carattere unitario. Non presentano fantocci da libretto d’opera, personaggi da Ratio del Serraglio ma uomini veri, diversi da noi e pure a noi vicini nella loro ieratica umanità. Non vorrei fare di Tirinnanzi un antropologo ma è certo che i suoi personaggi non sono studiati come manichini, ma come esemplari di un’umanità che soffre come noi, anche se non vive in una cornice simile alla nostra.»
Enzo Siciliano nel catalogo del 1997, cit.: «I quadri ‘orientali’ che Tirinnanzi dipinse in Marocco a seguito di un viaggio di convalescenza, scavano in quella seduzione di realtà. Ed è il grande mercato di Marrakech ad aver sedotto il suo occhio. Ragazzi e vecchi ritagliano la loro forma negli olii come fossero apparizioni di purgatorio; eppure, nella fattura delle stoffe che indossano, nel movimento dei corpi che i panni tradiscono c’è il peso concreto di una vita che non concede indulgenze. Vedi il Portatore di pane, o vedi il Mendicante, o il Notturno a piazza Gema El Fna [sic].
Può esservi una traccia di posa fotografica, magari teatrale; ma in questo senti che il pittore scommette intera la sua modernità: portare il reale a valore di simbolo, a motivo di pura contemplazione. E la sua scommessa è vinta.»